29 Aug 2007 - Mondo Politica
Si parla sempre di Iraq in termini militari, invece ho trovato questa interessante pagina sugli aspetti economici. Ovviamente questa pagina sembra abbastanza di parte nelle sue ricostruzioni, ma mi sembra abbastanza in linea con la classe nel decidere e nel realizzare le cose tipiche del clan Bush (ovverno niente va come previsto da loro…).
http://www.commondreams.org/views04/0924-13.htm
Il documento è ormai un po’ datato, ma aiuta a capire come mai con i MILIARDI di dollari spesi nel dopo-guerra in Iraq, ancora non funzioni nulla: poco acqua, poca elettricità, poche strade e così via.
Mentre falliva la pacificazione dell’Iraq, falliva miseramente il sogno di un dove una rigidia ed implacabile realizzazione di un economia basata sul credo liberista dei neocon americani, avrebbe dovuto dimostrare tutta la sua efficacia con un boom economico che avrebbe rilanciato l’Iraq (ovviamente a beneficio dei grandi investitori stranieri, americani in primis).
Al solito la storia non è andata come nelle favole che si raccontano la sera nella stanze della Casa Bianca per far addormentare felice il Presidente.
In pratica il piano di Ballmer (che ha gorvernato l’Iraq dopo la fine della guerra) era quello di privatizzare tutto, togliere le tasse ed aprire completamente le frontiere, lasciando alle forze del mercato il compito di plasmare il nuovo Iraq. Infatti la sua prima azione è stata licenziare 500.000 dipendenti pubblici (militari, ministeriali, medici etc) del vecchio regime. Ovviamente parte di questi sono subito andati nella resistenza, visto che non si sono sentiti molto tutelati dal “libertore americano”. La seconda fase, quella delle privatizzazioni selvaggie, si è arenata in parte per motivi legali (essendo gli americani forza occupante, i loro contratti e loro decisioni, apparte l’ordinaria amministrazione, non erano condizionanti per i governi futuri) ed in parte per il problema della sicurezza, ben pochi investitori si sono buttati nell’affare Iraq.
La cosa inquientante è che l’industria di stato Iraqena sarebbe stata in grado di produrre molto delle materie prima per la ricostruzione, ma è stata deliberatamente sabotata perchè una industria in piena attività sarebbe stata più difficile da privatizzare. Per cui invece di produrre cemento in Iraq per la ricostruzione, questo veniva importarto dall’estero con costi molto superiori e senza creare occupazione in Iraq.
Non conosco la situazione attuale, ma almeno questa pagina fa riflettere sugli aspetti della gestione economica del dopo guerra, quando i troppi morti della gestione militare offuscano i fallimenti della gestione economica e della ricostruzione.
La cosa preoccupante è che dietro la catastrofe Iraq ci stanno i migliori cervelli neocon delle think tank americane, le istituzioni che in teoria dovrebbero studiare le migliori strategie per guidare le politiche americane. Siamo proprio messi male…